Il fine dell’uomo

Qual’è il fine ultimo dell’uomo. Dobbiamo considerare che Dio ci ha dato un cuore e un’anima le quali non possono essere soddisfatte da tutto quello che c’è di buono e bello sulla terra. Il nostro cuore e la nostra anima possono ottenere piena soddisfazione solo e unicamente in Dio come ci ricorda Sant’Agostino:

Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Confessioni 1,1).

Abbiamo avuto la fortuna, oltre ad essere stati creati a immagine e somiglianza di Dio stesso,  di aver ricevuto da lui un fine più nobile e santo da conseguire; Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita per poi andarlo a godere eternamente in Paradiso. Ma cosa abbiamo fatto per conquistare il Paradiso? Come abbiamo servito, amato e onorato Dio fino ad ora? Dobbiamo considerare quali e quanti mezzi Dio ci ha dato per giungere a questo fine. Queste sono solo un accenno alle tante ricchezze che Dio ci ha dato per la nostra salvezza.

Ci ha dato l’anima arricchita di tre potenze: intelletto, memoria e volontà perché potessimo avere la giusta conoscenza di Dio e delle sue grandezze, perché avessimo la capacità e la voglia di  prestargli un fedele e costante servizio, ci ha aperto gli occhi della mente perché avessimo una giusta idea di Dio e di noi stessi. Per diventare tutto bisogna passare attraverso il nulla; accettando di morire a noi stessi si arriva alla vita in pienezza. Il nostro morire quotidiano, è questa la via di salvezza.

Ci ha dato un corpo perché potessimo partecipare della creazione e, non curanti delle vanità della terra, rivolgessimo sovente la mente e gli occhi al Paradiso per il quale siamo stati creati. il corpo del credente è la dimora dello Spirito:

Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio?” (1Cor 6:19).

I nostri sensi, dunque, non vanno negati ma, al contrario, dobbiamo elevarli, farli diventare sensi spirituali perché, guariti mediante la fede, i sensi corporei possono aprirsi alla realtà spirituale.

Se così facciamo i nostri sensi corporei possono percepire, discernere, gustare le cose di Dio non solo mediante la creazione, ma anche e soprattutto mediante il mistero dell’Incarnazione attraverso lo Spirito Santo che: “.. ci guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito….” (Gv 16,13).

  • L’udito, può ascoltare la Parola di Dio, non solo tramite il Vangelo come parola di vita:

Erano assidui nell’ascoltare l`insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2,42), e ancora “Subito ho mandato a cercarti e tu hai fatto bene a venire. Ora dunque tutti noi, al cospetto di Dio, siamo qui riuniti per ascoltare tutto ciò che dal Signore ti è stato ordinato” (At 10,33), e ancora“Egli soggiunse: Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito”(At 22, 14-15), ma anche e principalmente attraverso lo Spirito: “Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta»” (1Sam 3,10) e, “Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire (Atti 2,33), “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio” (Ap 2,7).

  • Il gusto, può gustare il pane di vita eterna cibandosi del Corpo e Sangue di Cristo ogni volta che lo desidera, infatti ogni giorno sulla terra si celebra sugli altari il sacrificio eucaristico, cibo e bevanda per la nostra salvezza:

Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l`uomo che in lui si rifugia (Sal 33,9), e ancora “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1Cor 11,26),“Venite, mangiate il mio pane, bevete il vino che io ho preparato” (Pr 9,5), “Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, che hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo” (Eb 6,4), qui l’Apostolo San Pietro ci incoraggia ad una rinascita continua dicendoci: “Sbarazzandovi di ogni cattiveria, di ogni frode, dell’ipocrisia, delle invidie e di ogni maldicenza, come bambini appena nati, desiderate il puro latte spirituale, perché con esso cresciate per la salvezza, se davvero avete gustato che il Signore è buono” (1Pt 2,1-3).

  • L’olfatto: può inebriarsi del  “soave odore” del sacrificio di Cristo:

Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 5,2), può inebriarsi delle preghiere dei Santi perché sono un profumo fragrante che sale al cospetto di Dio, il Profeta Davide proclama questo quando dice: “Come incenso salga a te la mia preghiera…” (Sal 141,2), anche San Giovanni conferma questo quando dice: “E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno un’arpa e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi” (Ap 5,8), anche San Paolo lo ricorda: “Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono (2Cor 2,15).

  • Il tatto: possiamo toccare tangibilmente il Corpo e il Sangue di Cristo attraverso la comunione eucaristica che è il punto più alto che ci è concesso avere, durante la nostra vita terrena, per comunicare con Dio

“…lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo” (Mt 26,26). Un’altro modo per toccare tangibilmente Cristo è toccarlo nei fratelli, ne abbiamo una chiara spiegazione nel Vangelo di Luca: “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l`avete fatto a me. (Mt 25,35-40).

  • La vista: può contemplare spiritualmente il volto del Signore perché tenere lo sguardo rivolto a Dio significa ricercare il suo aiuto credendo in lui:

“Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto”; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,non abbandonarmi, Dio della mia salvezza” (Sal 27,8-9) e anche  “I miei occhi sono sempre rivolti al Signore” (Sal 25,15), come Mosè che: “Per fede lasciò l’Egitto, senza temere l’ira del re; rimase infatti saldo, come se vedesse l’invisibile” (Eb 11,27), “Apri i miei occhi, e contemplerò le meraviglie della tua legge” (Sal 119,18), dobbiamo anche renderci conto che gli occhi non sono solo gli organi della vista, ma indicano tutta la persona nella sua interiorità: “La lampada del corpo è l’occhio. Se dunque il tuo occhio è limpido, tutto il tuo corpo sarà illuminato; ma se il tuo occhio è malvagio, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre” (Mt 6,22-23), infatti possiamo ben dire: “Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” (Gv 20,29).

Ci ha dato tutto perché ce ne servissimo a nostro vantaggio spirituale per acquistare meriti per il Paradiso.

Ci ha fatto la grazia di essere cristiani con la rinascita spirituale attraverso il Battesimo, arricchendoci con i Sacramenti con i quali viene a sollevarci nelle nostre infermità e miserie, specialmente con la confessione e l’eucarestia. Infatti, quale merito abbiamo avuto per ricevere il battesimo? possiamo dire con San Paolo:

“Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1Cor 15,10).

Ci ha dato un angelo, un custode che ci assiste giorno e notte del quale ogni tanto ci dimentichiamo.

Ci ha dato i Santi, nostri fratelli, che pregano incessantemente per noi intercedendo presso Dio di cui già possono godere pienamente.

Ci ha dato una madre potentissima, Maria Santissima, che è la stessa madre di suo figlio Gesù.

Dovremmo considerare che Dio, in verità, non pretende poi molto da noi, ci chiede semplicemente che in ogni nostra azione non cerchiamo altro che la sua gloria. Vivere per Dio solo, rivolgere a lui tutti i nostri pensieri, le parole e le opere come dice San Paolo:

“sia dunque che mangiate sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1Cor 10,31).

Dovremmo santificare la giornata servendoci del tempo per operare il bene e schivare il peccato che come tentazione è segue in agguato.

Dunque è questo che dobbiamo mettere in pratica: operare per Dio e impiegare bene il tempo che abbiamo davanti perché, secondo il mio punto di vista, “costi quello che costi non sarà mai caro” vista la ricompensa che ci aspetta, godere eternamente della presenza di Dio in Paradiso.

Agostino, figlio di S. Monica, nella sua gioventù dimenticatosi dell’anima, e col cuore attaccato alle vanità del mondo, correva a precipizio per la strada dell’inferno con una vita di peccato, ma le lacrime e le fervorose preghiere di sua madre ottennero la conversione del figlio, che rientrò in se stesso e, nonostante moltissime difficoltà per rompere le catene del peccato, con la grazia di Dio riuscì finalmente a spezzarlo. Quante lacrime egli allora versò, considerando di aver dimenticato Dio, suo ultimo fine, e di aver venduto al demonio gli anni più belli della sua gioventù, per cui andava sovente con gli occhi pieni di lacrime, esclamando:

“Tardi ti amai, Bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai! Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori. Lì ti cercavo; deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature.” (Confessioni 10,27,38).